Progetto Trekking “Sentiero della primula Palinuri” – Istituto Superiore Carlo Pisacane di Sapri

Nell’ambito di una progettazione di percorsi trekking – culturali, destinata agli alunni dell’istituto superiore Carlo Pisacane di Sapri, rientra l’uscita didattica…destinazione Palinuro.

 

 

Lui è Giovanni Cammarano. Sarà una delle due guide che ci accompagneranno in questo percorso: Trekking – Sentiero della primula.

Anche questa volta mi ritrovo a documentare… ed è per questo che intervisto il Presidente Cammarano…

Prima di iniziare il percorso una visita all’antiquarium…

L’antiquarium è posto su uno strapiombo costiero a ridosso di una suggestiva cala in località Ficocella. L’edificio fu realizzato negli anni ’60 grazie all’interesse dell’Ente Provinciale per il Turismo di Salerno, al fine di dare una collocazione alla miriade di reperti archeologici rinvenuti per un succedersi di scavi a partire dal 1948.

L’antiquarium raccoglie suppellettili di ossidiana risalenti a 6000 anni fa circa, i resti di un antico insediamento preistorico individuato nel 1983, i corredi della necropoli di età arcaica che hanno restituito ceramica di tradizione ionica, ceramica attica a figure nere e ceramica di produzione locale tipica del Vallo di Diano con decorazione geometrica, adoperata, oltre che per contenere acqua o derrate alimentari, anche come cinerari dei defunti sottoposti a cremazione. Sono inoltre esposti i ritrovamenti di numerosi relitti di età ellenistica affondati nel mare di Palinuro.

Dopo aver visitato l’antiquarium ci avviamo verso la nostra destinazione…zona porto.

….ed ecco la Primula Palinuri Petagna.

La primula di Palinuro (Primula palinuri) è una piccola pianta endemica di alcuni tratti del Tirreno meridionale. Rarissima e a rischio d’estinzione, è il simbolo del Parco nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, in Campania, in cui è più facile incontrarla.
Considerata un paleoendemismo, cioè una specie endemica relitta, risalente almeno al quaternario antico, circa due milioni e mezzo di anni fa, la primula di Palinuro è probabilmente l’unica superstite di una famiglia di primule, originariamente diffuse sulle montagne dell’Italia meridionale, oggi l’unica primula che cresce in ambiente non montano.
Molto rara e a rischio di estinzione, questa pianticella cresce in piccole colonie abbarbicate lungo le falesie calcaree, preferibilmente esposte a nord e a nordovest, più fresche, sull’orlo delle cenge e nelle fenditure delle rocce, dei litorali della Basilicata, della Calabria e della Campania meridionale. In particolare, la si ritrova da Capo Palinuri alla Costa degli Infreschi, a Scalea, sull’Isola di Dino e Praia a Mare, a Punta Caina, e nel Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, ma la sua diffusione è ridotta e frammentaria.
Pianticella molto rara e a rischio di estinzione, è protetta a livello regionale e comunitario, inserita nella lista rossa compita dall’Iucn, l’Unione mondiale per la conservazione della natura. Caratterizzata da un robusto rizoma, una folta rosetta di foglie un poco carnose, fiorisce in febbraio e marzo: i fiori, giallo dorati, con calice lungo, bianco, penduli, sono riuniti in un’infiorescenza sorretta da uno stelo robusto, alto una ventina di centimetri. Riuscire a vederla, è una gran bella soddisfazione, ovviamente senza raccoglierla.

Mentre i ragazzi sono intenti a fotografare la primula e gli ambienti …mi soffermo ad intervistare Cammarano, per meglio evidenziare questa specie…simbolo del nostro parco.

 

A questo punto iniziamo il percorso trekking vero e proprio. E’ un sentiero lungo circa cinque chilometri, ad anello, facile da percorrere, con un dislivello di +0 – 130 metri, percorribile in due ore e mezza. Inizia dal porto di Palinuro e conduce alla sommità del Capo ove sono situati il Faro e la stazione meteorologica. E’ un sentiero che fa godere di paesaggi marini suggestivi e maestosi. Si possono vedere torri  che furono costruite in epoca aragonese per la difesa costiera dall’azione dei pirati saraceni e ancora oggi punteggiano le rocce strapiombanti nel mare blu. Più recenti le fortificazioni di Punta del Fortino e di Monte d’Oro (epoca napoleonica). Infine si scende verso il porto di Palinuro mediante un agevole sentiero immerso nella pineta.

 

La prima tappa punta del fortino francese…

Tante le specie vegetali lungo il percorso…

Attenta osservatrice…pronta allo scatto giusto… a cogliere l’attimo: Roberta del Medico – autrice di gran parte delle foto di questo articolo, che sentitamente ringrazio.

 

Ed eccoci al fortino di Monte D’oro…risalente ai primi dell’ottocento.

 

Sulla strada del ritorno ci siamo fermati ad ammirare lo scoglio del coniglio.

 

Nel Mito, l’episodio relativo a Palinuro viene descritto alla fine del Libro V dell‘ Eneide, nel quale Virgilio individua il punto preciso della vicenda: uno scoglio, riconducibile al tratto di costa campano del  mar Tirreno, dinanzi all’omonimo capo, tra il golfo di Policastro e l’insenatura di Pisciotta, nella subregione attualmente chiamataCilento.

Naufrago dopo aver invocato invano i propri compagni, rimane per tre giorni in balia del Noto (vento) fino all’approdo sulle spiagge d’Italia, dove troverà ad attenderlo non la salvezza ma una fine crudele: catturato dalla gente indigena, viene ucciso e il suo corpo abbandonato in mare scambiandolo per un mostro marino.

Veniva così soddisfatta la richiesta di Nettuno, dio del mare, che nel momento stesso in cui accordava a Venere il proprio aiuto per condurre in salvo la flotta di Enea sulle coste campane, aveva preteso per sé in cambio una vittima:

« Unum pro multis dabitur caput.
Una sola vittima per la salvezza di molti »

(Eneide, V, 815)

Palinuro, nel successivo Libro VI, vagando tra le anime degli insepolti, sarà protagonista di un triste incontro con Enea, disceso nel regno di Ade in compagnia della Sibilla Cumana.
In quell’occasione supplicherà il suo condottiero di dargli sepoltura, esortandolo a cercare il suo corpo tra i flutti degli approdi velini (Elea-Velia).

« Aut tu mihi terram inice, namque potes, portusque require Velinos. »

(Eneide, VI, 365)

Sarà la Sibilla a dovergli rivelare che il suo cadavere non verrà mai ritrovato: la sacerdotessa tuttavia mitiga l’amarezza del nocchiero predicendogli che, perseguitati da eventi prodigiosi, i suoi assassini erigeranno un cenotafio da dedicare a lui e da onorare con offerte. Quel luogo avrebbe per sempre portato il nome Palinuro.

Ma lasciando il Mito…ci avviamo sulla strada del ritorno.

Con la stima di sempre.

Angelo Risi

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