Matera “Patrimonio dell’Umanità” – Capitale Europea di Cultura 2019

 

I “Sassi” sono due quartieri di Matera, il Sasso Caveoso e il Sasso Barisano, formati da edifici rupestri costruiti nelle cave naturali della Murgia materana e abitati fin dal Paleolitico. Dal 1993 sono stati dichiarati patrimonio dell’umanità UNESCO. I sassi sono un esempio di sostenibilità ambientale. Grazie a questi ambienti ipogei scavati nel tufo, l’uomo ha dimostrato come sia possibile sottrarre spazio alla natura vivendo in armonia con essa. 

Il centro storico è una famosa meta per il cinema. Alberto Lattuada nel 1953 girò “ La Lupa“. Mel Gibson ambientò nei Sassi gli esterni de “La Passione di Cristo“, luogo che ritenne a suo dire “perfetto” come ambientazione di Gerusalemme. Tante altre pellicole nazionali e internazionali presentano i Sassi come sfondo tra cui “Il Vangelo secondo Matteo” di Pier Paolo Pasolini, “Cristo si è fermato a Eboli” di Francesco Rosi, “Ben Hur” di Timur Bekmambetov e “Wonder Woman” di Patty Jenkis.

 

 

 

 

I Sassi di Matera sono stati iscritti nella lista dei “patrimoni dell’umanità” dall’UNESCO  nel 1993. Sono stati il primo sito iscritto dell’Italia meridionale. L’iscrizione è stata motivata dal fatto che essi rappresentano un ecosistema urbano straordinario, capace di perpetuare dal più lontano passato preistorico  i modi di abitare nelle caverne fino alla modernità. Costituiscono un esempio eccezionale di accurata utilizzazione nel tempo delle risorse fornite dalla natura: acqua,suolo,energia. Nel rapporto della commissione che ha verificato la rispondenza del luogo ai criteri di valutazione dell’UNESCO la candidatura di Matera risponde ai seguenti criteri:

«Criterio III: I Sassi ed il Parco delle chiese rupestri di Matera costituiscono una eccezionale testimonianza di una civiltà scomparsa. I primi abitanti della regione vissero in abitazioni sotterranee e celebrarono il culto in chiese rupestri, che furono concepite in modo da costituire un esempio per le generazioni future per il modo di utilizzare le qualità dell’ambiente naturale per l’uso delle risorse del sole, della roccia e dell’acqua.
Criterio IV: I Sassi ed il Parco delle chiese rupestri di Matera sono un esempio rilevante di un insieme architettonico e paesaggistico testimone di momenti significativi della storia dell’umanità. Questi si svolgono dalle primitive abitazioni sotterranee scavate nelle facciate di pietra delle gravine fino a sofisticate strutture urbane costruite con i materiali di scavo, e da paesaggi naturali ben conservati con importanti caratteristiche biologiche e geologiche fino a realizzare paesaggi urbani dalle complesse strutture.
Criterio V: I Sassi ed il Parco delle chiese rupestri di Matera sono un rilevante esempio di insediamento umano tradizionale e di uso del territorio rappresentativo di una cultura che ha, dalle sue origini, mantenuto un armonioso rapporto con il suo ambiente naturale, ed è ora sottoposta a rischi potenziali. L’equilibrio tra intervento umano e l’ecosistema mostra una continuità per oltre nove millenni, durante i quali parti dell’insediamento tagliato nella roccia furono gradualmente adattate in rapporto ai bisogni crescenti degli abitanti.»

Nella città e lungo le Gravine del Parco della Murgia Materana  si contano circa 150 chiesette scavate nella roccia.

La mia visita a Matera coincide con la commemorazione del “quattro novembre“. A distanza di un secolo dalla fine della prima guerra mondiale è stata celebrata questa mattina anche a Matera la cerimonia della Giornata dell’Unità d’Italia e delle Forze Armate. La data del quattro novembre è legata ad una memoria contraddittoria, che se da un lato risveglia l’esultanza per la fine di quell’immane conflitto, ricorda anche il dolore del nostro Paese per le seicentomila morti causate dalla guerra. In questa giornata, infatti, si è ricordata l’unità della nostra nazione e onorato l’impegno e i sacrifici delle nostre Forze Armate. E’ compito nostro, oggi, attualizzare quei valori: pace, benessere, tolleranza ed identita’ culturale; quali frutti di quella sanguinosa guerra.

 

 

Matera è tra le città decorate al valor militare per la guerra di liberazione  per la quale le è stato insignito il premio della “Medaglia d’argento al valor militare”  per i sacrifici delle sue popolazioni durante la seconda guerra mondiale . Tale onorificenza venne conferita il 1º settembre 1966 e consegnata tre anni dopo dal Ministro della Difesa, il quale decorò della medaglia il gonfalone della città e scoprì una lapide con la seguente iscrizione:

«Matera prima città del Mezzogiorno insorta in armi contro il nazifascismo addita l’epico sacrificio del 21 settembre 1943 alle generazioni presenti e future perché ricordino e sappiano con pari dignità e fermezza difendere la libertà e la dignità della coscienza contro tutte le prevaricazioni e le offese

Medaglia d’argento al valor militare:

«Indignati dai molteplici soprusi perpetrati dal nemico, gruppi di cittadini insorsero contro l’oppressore e combatterono con accanimento, pur con poche armi e munizioni, per più ore, senza smarrimenti e noncuranti delle perdite. Sorretti da ardente amor di Patria, con coraggio ed ardimento, costrinsero l’avversario, con aiuto di elementi militari, ad abbandonare la Città prima dell’arrivo delle truppe alleate. Città di Matera, 21 settembre 1943.»

Il 19 agosto 2016 è stata conferita alla città la “Medaglia d’oro al valor civile”,  consegnata dal Presidente della Repubblica durante una cerimonia svoltasi al Quirinale il 17 novembre 2016:

«Durante gli ultimi giorni di permanenza dei tedeschi in città, la popolazione materana, sempre più esasperata dalle distruzioni, dai saccheggi e dai soprusi compiuti dagli invasori che si preparavano alla ritirata, si rese protagonista di atti di eroismo e di martirio per contrastare la violenza perpetrata dagli occupanti, sia nel centro urbano che nelle campagne, che causò rastrellamenti e numerose vittime innocenti. Splendido esempio di identità comunitaria e alto spirito umanitario, orientati ad affermare i valori di libertà e giustizia. Settembre 1943 – Matera.»

 

Matera ha ricevuto dalla Città metropolitana di Firenze il PremioGiorgio La Pira”:

“Per la sua capacità di proiettarsi nella comunità internazionale, per la sua determinazione e apertura al cambiamento. Per la tenacia nel capovolgere stereotipi culturali che le ha valso la designazione a Patrimonio culturale Unesco e a Capitale europea della cultura del 2019. In particolare per l’impegno congiunto di cittadini, associazioni e istituzioni a favore di iniziative e progetti inclusivi che ne fanno una delle città simbolo di un sistema culturale integrato”.

 

Carlo Levi e la sua denuncia
“…Arrivai ad una strada che da un solo lato era fiancheggiata da vecchie case e dall’altro costeggiava un precipizio. In quel precipizio è Matera… Di faccia c’era un monte pelato e brullo, di un brutto color grigiastro, senza segno di coltivazioni né un solo albero: soltanto terra e pietre battute dal sole. In fondo… un torrentaccio, la Gravina, con poca acqua sporca ed impaludata tra i sassi del greto… La forma di quel burrone era strana: come quella di due mezzi imbuti affiancati, separati da un piccolo sperone e riuniti in basso da un apice comune, dove si vedeva, di lassù, una chiesa bianca: S.Maria de Idris, che pareva ficcata nella terra. Questi coni rovesciati, questi imbuti si chiamano Sassi, Sasso Caveoso e Sasso Barisano. Hanno la forma con cui a scuola immaginavo l’inferno di Dante… La stradetta strettissima passava sui tetti delle case, se quelle così si possono chiamare. Sono grotte scavate nella parete di argilla indurita del burrone… Le strade sono insieme pavimenti per chi esce dalle abitazioni di sopra e tetti per quelli di sotto… Le porte erano aperte per il caldo, Io guardavo passando: e vedevo l’interno delle grottesche non prendono altra luce ed aria se non dalla porta. Alcune non hanno neppure quella: si entra dall’alto, attraverso botole e scalette”…..

“…Dentro quei buchi neri dalle pareti di terra vedevo i letti, le misere suppellettili, i cenci stesi, Sul pavimento erano sdraiati i cani, le pecore, le capre, i maiali. Ogni famiglia ha in genere una sola di quelle grotte per abitazione e ci dormono tutti insieme, uomini, donne, bambini, bestie… Di bambini ce n’era un’infinità… nudi o coperti di stracci… Ho visto dei bambini seduti sull’uscio delle case, nella sporcizia, al sole che scottava, con gli occhi semichiusi e le palpebre rosse e gonfie. Era il tracoma. Sapevo che ce n’era quaggiù: ma vederlo così nel sudiciume e nella miseria è un’altra cosa… E le mosche si posavano sugli occhi e quelli pareva che non le sentissero… coi visini grinzosi come dei vecchi e scheletrici per la fame: i capelli pieni di pidocchi e di croste… Le donne magre con dei lattanti denutriti e sporchi attaccati a dei seni vizzi… sembrava di essere in mezzo ad una città colpita dalla peste…”

(C.Levi “Cristo si è fermato ad Eboli”)

Con la pubblicazione nel 1945 del libro di Carlo Levi comincia per Matera una nuova storia: una storia che fa di Matera e dei Sassi un monumento della civiltà contadina e un’intangibile testimonianza storico-culturale.

Gli intellettuali italiani, gli italiani tutti, sapevano che Matera esisteva ma vederla così “… nel sudiciume e nella miseria, è un’altra cosa…” Il “Cristo” di Levi faceva vedere anche l’altra Matera, una Matera in cui viveva una civiltà di valori soffocata dalla miseria, valori che potevano e dovevano essere riconosciuti e conservati.

Il “Cristo” di Levi diveniva simbolo di un risveglio della coscienza intellettuale italiana, uno strumento nelle mani delle forze tese ad un riscatto del sottosviluppo meridionale.

 

La Cattedrale, in stile romanico pugliese, fu costruita nel XIII secolo sullo sperone più alto della Civita che divide i due Sassi, sull’area dell’antico monastero benedettino di Sant’Eustacchio, uno dei due santi protettori della città. All’esterno sono da notare il rosone a sedici raggi ed il campanile alto 52 metri; all’interno, degni di nota un affresco bizantino della Madonna della Bruna, un presepe cinquecentesco dello scultore Altobello Persio  ed un affresco raffigurante il Giudizio finale.

 

 

Prende il nome dal suo fondatore, Domenico Ridola, il Museo Archeologico Nazionale di Matera, cui è dedicata l’omonima sala che conserva documenti delle sue attività di medico, parlamentare e archeologo.

Il Museo è suddiviso in tre sezioni. Nella sezione Preistoria sono esposti reperti litici realizzati dall’uomo del paleolitico inferiore, l’homo erectus. il Paleolitico medio e superiore è rappresentato da oggetti in pietra sempre più specializzati. Significativi reperti provenienti dai villaggi neolitici della Murgia testimoniano, a partire dal VI millennio a.C. l’introduzione dell’agricoltura e lo strutturarsi di insediamenti stabili.

Nella sezione Magna Grecia pregevoli corredi funerari e oggetti votivi narrano la vicenda umana sviluppatasi nelle epoche successive nei santuari e nei centri abitati indigeni, poi ellenizzati, dislocati sulle alture dominanti le vallate fluviali, tra cui Timmari e Montescaglioso. Una eccezionale collezione di vasi proto lucani e apuli a figure rosse (V e IV secolo a.C.) testimonia l’evoluzione della ceramografia magno greca.

Di recente sono stati aperti al pubblico due nuovi interessanti spazi espositivi: l’uno riproduce una cavità carsica le cui pareti mostrano esempi di arte parietale, l’altro propone una capanna neolitica in scala reale con strutture annesse.

La sala dedicata al fondatore del museo, Domenico Ridola, conserva documenti delle sue attività di medico, parlamentare, archeologo.

Ed eccoci all’interno di Palazzo Lanfranchi, monumento seicentesco fatto costruire da Frate Francesco da Copertino  per ordine del Vescovo Vincenzo Lanfranchi  tra il 1688 e il 1672, che originariamente ha ospitato il Seminario  diocesano, ma attualmente “Museo nazionale d’arte medievale e moderna della Basilicata” e sede degli uffici della Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici della Basilicata.

Matera città d’arte e di cultura…

finanche sotto gli archi delle vie si incontrano opere…

e memoria.

Ecco perché Matera a Capitale Europea 2019. Il documento ufficiale pubblicato
sul sito web della Commissione Europea, tradotto in italiano.

1. La commissione giudicante ha apprezzato l’analisi strategica di Matera, come piccola città tra quelle europee di media grandezza, con un pubblico relativamente passivo nei confronti della cultura importata dalle grandi città. L’intento di essere in prima linea tra chi si impegna per rendere accessibile la cultura, specialmente attraverso nuove tecnologie e apprendimento, è visionario. Conduce ad un ambizioso, sebbene rischioso, programma.
2. La giuria ha notato il forte supporto della Regione e delle municipalità locali, sia in termini finanziari che di partecipazione ai progetti in programma. La reale disponibilità del 70% dei finanziamenti, a prescindere dall’esito della competizione, è una chiara dimostrazione della centralità del programma ECOC per lo sviluppo della città e della Regione. È uno dei più chiari esempi, in anni recenti, di come il programma di un candidato sia parte di un piano strategico più che della semplice partecipazione ad una competizione.
3. Il programma ha molte caratteristiche forti. La commissione è stata impressionata dalla vivacità e dall’innovazione dell’approccio artistico. Ci sono diversi progetti che hanno il potenziale di attirare un più ampio e variegato pubblico europeo, tra cui la grande mostra del Rinascimento Meridionale La giuria ha riconosciuto il coinvolgimento delle istituzioni e organizzazioni culturali tradizionalmente intese e specialmente il cambiamento di usi e costumi già in corso. Questo approccio potrebbe avere una larga applicazione dal punto di vista delle istituzioni culturali europee.
4. La commissione ha inoltre riconosciuto la forte focalizzazione sulla tecnologia digitale che nel 2019 sarà molto più prevalente nei settori culturali e sociali rispetto ad ora. Il programma oscilla tra un canale tv online, la digitalizzazione di archivi del patrimonio e club di coding per ragazzi. Questo rappresenta il guardare avanti attraverso un approccio innovativo per un’ECOC.
5. La commissione è stata impressionata da come quella che è stata inizialmente un’iniziativa dei cittadini si sia sviluppata in un elemento centrale formale della città e della pianificazione della Regione. Questa connessione della partecipazione dei cittadini con obiettivi culturali e sociali è continuata nel programma di sviluppo.
6. La politica di inclusione sarà graduale e pone l’accento sul portare coloro i quali sono spesso esclusi dalla cultura all’interno di progetti comuni piuttosto che creare diversi progetti paralleli. È evidente l’iniziativa che coinvolge persone anziane e giovani attraverso un processo digitalizzazione. La commissione ha apprezzato la forte intenzione di mettere in primo piano la partecipazione attiva e il co-design. Il progetto di candidatura prevede anche un bando aperto. Questo spesso porta a correre il rischio che le priorità locali dominino i criteri per il titolo di Capitale Europea. La commissione ha apprezzato l’uso di mediatori culturali e una commissione di garanzia per elaborare insieme le idee acquisite da bandi aperti rendendole progetti più convincenti.
7. I progetti evidenziati nel dossier dimostrano una buona diffusione di partner e co-produzioni europee. Ci sono progetti che coinvolgono artisti e operatori culturali provenienti dal Mediterraneo orientale e del Sud. Sono inclusi aspetti culturali europei con caratteri comuni come ad esempio la luce, i rumori e le città rurali abbandonate. Il dossier è più debole nell’esplorare la diversità tra le culture europee che permetterebbe ai cittadini di Matera possano conoscerla e apprezzarla.
8. La giuria ha dubbi riguardo la capacità di Matera di gestire il grande numero di progetti e eventi che una Capitale Europea delle Cultura deve prevedere. Il dossier riconosce queste mancanze, infatti la necessità di strutture capienti è uno degli obbiettivi principali nel settore della cultura e della pubblica amministrazione. Durante la spiegazione del dossier la commissione è stata informata di un progetto per la formazione di un certo numero di responsabili di progetto che è andato a dissipare, ma non completamente, tali preoccupazioni. La commissione è stata comunque colpita da questo progetto come esempio di un modo innovativo di lavorare attraverso nuovi metodi più aperti (es. il programma di rafforzamento dei servizi pubblici di Matera).
9. La giuria ha considerato l’intenzione di incrementare il turismo da un numero di 200 mila a un numero di 600 mila visitatori annui e i possibili sviluppi per il fragile ecosistema regionale. La stessa è stata informata e rassicurata grazie ad una ricerca che afferma che 600 mila è un numero di visitatori sostenibile.
10. Le previsioni finanziarie sono considerevoli e oltre il 70% delle risorse finanziarie necessarie per l’attuazione del dossier sono già state fornite dalla Fondazione, indipendentemente dal risultato della competizione. L’intento di coinvolgere i cittadini della città e della regione che emigrano, riconoscendogli il ruolo di ambasciatori e di fonte di raccolta fondi, è stato riconosciuto innovativo.
(traduzione a cura di V. De Nittis, P. De Ruggeri, V. Ventura, V. Vaccaro)

Vi ho documentato il mio itinerario…ma a Matera, tanto c’è da visitare. La visiti e ti entra nel cuore. Una città che evoca atemporalità, silenzio, lentezza e un istintivo rispetto. Un paesaggio rurale insieme ad una città pittoresca, come la defini Carlo Levi.

Vi abbraccio con la stima di sempre.

Angelo Risi

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Vallo della Lucania – Il cane che ricorda la storia di Hachiko

 

Era il ventiquattro ottobre che in Facebook pubblicavo questo post:

“Stazione di Vallo della Lucania (ore 20,15) – Aspettando il treno per rientrare a casa, ho osservato a lungo questo cane che all’arrivo di ogni convoglio si agita. È come se aspettasse qualcuno. È rimasto deluso anche all’arrivo del mio treno, non è sceso il suo padrone. Se qualcuno lo riconosce cerchi di recuperarlo.”

Il ventisette, pubblicavo il seguente:

“ALLE VOLTE CI SI CHIEDE PERCHÉ LA GENTE NON EVIDENZIA, NÉ DENUNCIA ALCUNE COSE…

Oltre tremila condivisioni tra il mio profilo personale e Trekking TV, migliaia di visualizzazioni, commenti sensati e non. Chiarisco in via definitiva, non curante di quanti mi hanno addebitato inadempienza e poca sensibilità, che ho fatto tutto quanto ho potuto. Vi lascio comunque immaginare i commenti con giudizi gratuiti su tremila e più condivisioni. Il cane non mostrava segni di sofferenza e a mio avviso mai avrei potuto sottrarlo ad eventuale padrone. Appreso dai commenti ai post che il cane era in zona da un mesetto e che qualcuno gli ha finanche attribuito il nomignolo di “Bus”, è stato chiaramente evidente l’abbandono . Ho contattato chiunque fosse in zona affinché si soccorresse l’animale. Non avendo avuto riscontri, ieri persolmente mi sono recato sul posto, purtroppo, non l’ho trovato. Premesso che continuerò a fare ulteriori sopralluoghi al fine di ritrovarlo e trovargli una sistemazione, non mi sento in alcun modo responsabile di omissione o quant’altro. Oggi, dopo aver trovato tra i commenti un annuncio di smarrimento, ho provveduto a pubblicare un ulteriore post augurandomi che il cane smarrito fosse il medesimo del mio filmato.
Alle volte ci si chiede: perché la gente non evidenzia né denuncia alcune cose? Ecco ..da troppi commenti è emerso che l’insensibile sarei stato io e non chi eventualmente ha abbandonato l’animale. Chiarisco infine, che nel ruolo di Blogger e collaboratore a testata web, è mio dovere evidenziare un problema non risolverlo. Ringrazio quanti stanno collaborando e nell’attesa di conoscere le sorti dello splendido esemplare, con grande stima saluto tutti.”

Il ventinove, ho pubblicato questo:

“Il mio intento era quello di segnalare …ed evidenziare il problema dell’abbandono. Preso di mira dalla “gogna mediatica” mi sono improvvisato soccorritore. Ho avuto modo di scoprire il mondo degli animalisti… che … prima o poi descriverò in un articolo. Chi mi segue sa bene che amo gli animali e la natura…ma non ho mai pensato di sostituire con quel mondo… l’uomo, l’umanità, le relazioni civili e sentite. Sapevo, già in principio, appena pubblicato il video, che sarei stato “pasto” di chi è integralista.Un abbraccio di cuore a quanti hanno capito il messaggio. Vi scriverò”

 

 

Ed eccomi qua a riassumere una storia che mi ha fatto molto riflettere sul rapporto uomo-cane e sui rapporti umani. Non dico che sia normale incontrare un cane libero, ma che in questo territorio si incontrino facilmente capita spesso. Più che di abbandono, trattasi piuttosto di incustodia, tant’è che verificando di persona i luoghi, mi sono reso conto che tante sono le masserie con cani a custodia di greggi o semplicemente a guardia della proprietà. Quindi essendo quasi consuetudine lasciare alcuni cani liberi, e ripeto, avendo notato che il cane versava in apparenza, in buone condizioni fisiche, non mi sono allarmato. Con il mio post volevo semplicemente segnalare al proprietario la presenza del cane in stazione e nel contempo avviare un processo di sensibilizzazione alla custodia degli animali. Questo in parte credo sia avvenuto, data l’alta visibilità dei post. Ma come tutti voi sapete la storia ha creato equivoci e scontri, come spesso accade per qualsivoglia argomento si tratti sui social. Lungi da me l’idea di scontrarmi con una parte del cosidetto “mondo degli animalisti”, ma è pur vero che essendo stato giudicato di leggerezza, esibizionismo, insensisibilità e quant’altro, rientra nei miei diritti respingere simili accuse, e condanno fortemente posizioni integraliste. Ritengo inaccettabile qualsiasi mancanza di rispetto verso la mia persona e verso tutti gli esseri umani, per sostenere posizioni animaliste. E con questo non dico che l’umano non ha inadempienze o leggerezze. Ho come l’impressione che si stia perdendo il lume della ragione, seppur di grande compagnia e di esempi di fedeltà, ritengo che nessun animale, nemmeno il tanto nobile cane, possa sostituire l’essere umano, il cui comportamento può essere discutibile ma non necessariamente va massacrato.

Nella relazione uomo-animale è necessaria una disciplina in cui l’animale riacquista la soggettività, dimostrando che non è un oggetto privo di intelligenza, di emozioni, autoconsapevolezza, ma è soggetto di una vita, di un modo peculiare di stare al mondo. E’ in questo pensiero che vedo l’autonomia e la liberta’ del cane e di tutti gli animali, che hanno il diritto di coabitare con l’uomo e l’ambiente, ma che in nessun caso possono sostituire l’uomo e le relazioni umane.

Il cane che ho incontrato quella sera e che mi ha ricordato la storia di Hachiko, ha un padrone ma nel contempo gode di autonomia e libertà.

A conclusione di questo mio articolo vi riporto la storia di Hachiko, una storia di fedeltà e di libertà, esattamente come quella di cui sono stato testimone.

“La storia di Hachiko è forse una delle testimonianze più incredibili di quanto sublime possa essere l’amore di un cane. Hachiko, il cui nome vero era Hachi (ovvero “8”, considerato in Giappone un numero fortunato), fu acquistato nel 1924 dal professore universitario Hidesaburō Ueno che lo portò con sé da Odate (la sua città natale) a Shibuya. Ogni mattina, il cane aveva l’abitudine di accompagnare il suo padrone alla stazione ferroviaria. Hachiko si sedeva lì con pazienza fino alla fine della giornata, pronto ad accoglierlo al suo ritorno. Questa felice routine venne rotta nel 1925, quando Ueno morì improvvisamente al lavoro a causa di un ictus – lasciando Hachiko in attesa alla stazione, a guardare i treni passare e sperando in una riunione che non sarebbe mai avvenuta. Ogni giorno Hachiko si recava alla stazione di Shibuya dove attendeva invano il suo Ueno. Con il passare del tempo, il cane attirò l’attenzione dei pendolari e la sua storia iniziò a diffondersi. Nel corso dei 10 anni successivi, il cane fedele ha continuato ad aspettare il suo padrone ogni giorno, fino a quando morì a 11 anni l’8 marzo del 1935, ritrovato in una strada di Shibuya. La notizia fece il giro del Giappone. Venne dichiarato un giorno di lutto nazionale per ricordare Hachiko e quel gesto di estrema fedeltà nei confronti del padrone.
Il corpo del cane venne poi preservato tramite tassidermia ed esposto al Museo Nazionale di Natura e Scienza, ma alcune ossa sono state sepolte nel cimitero di Aoyama, accanto alla tomba del professor Ueno.”

Nessun umano bloccò Hachiko, che continuò a vivere in libertà e per dieci lunghi anni si recò sul luogo dove aveva accompagnato l’ultima volta il suo padrone.

 

Vi abbraccio, con la stima di sempre!

Angelo RISI

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